Lavoro agile, ecco come si può fare anche in banca



Un workshop organizzato da 4ward, partner Microsoft che promuove soluzioni di lavoro smart basate su Office365 e fruibili in modalità on demand, ha visto alternarsi nella cornice di Villa Serego Alighieri, nel cuore della Valpolicella, utenti, consulenti e aziende IT

Redazione TechCompany360

Pubblicato il 25 Feb 2016


Christian Parmigiani, Executive Vice President di 4ward

Smart working, ovvero cambiare la prospettiva del datore di lavoro per cambiare il modo di lavorare. Ma intervenire anche scardinando le abitudini consolidate del dipendente, per migliorare la qualità della sua vita e quella del territorio nel quale vive e si sposta. Il confine tra vita professionale e vita privata si fa sempre più labile, lo sentiamo ripetere spesso e ce ne accorgiamo nella nostra quotidianità. Perennemente connessi e produttivi, anche quando siamo a casa malati. Grazie alle tecnologie, certo, che ci permettono di lavorare in remoto sui documenti dell’ufficio in tutta sicurezza. «Oggi – sottolinea Christian Parmigiani, Executive Vice President di 4ward – in media siamo attaccati allo smartphone 2 ore al giorno e compiamo quotidianamente 150 atti tra navigare sui siti web, chattare, controllare le email e postare sui social network». Siamo (mi includo nella categoria) tutti o quasi smartphone addicted. Perché, allora, non sfruttare questa dipendenza per migliorare la qualità del lavoro e, più in generale la qualità della propria vita privata? Consentire ai dipendenti di essere produttivi pur non essendo fisicamente presenti in ufficio è un’abitudine che diverse multinazionali hanno già sperimentato da anni. Ora, però, anche le aziende italiane cominciano a credere che lo smart working sia veramente una cosa intelligente. La tecnologia è sufficientemente matura per permettere di farlo in tutta sicurezza, tanto che all’orizzonte si profila anche la possibilità di estenderlo ai lavoratori della Pubblica Amministrazione. E allora perché non riunire a parlare del fenomeno consulenti, aziende tecnologiche, responsabili delle Risorse Umane e sindacati? L’obiettivo è chiaro: confrontarsi sullo stato dell’arte e capire come mutuare suggerimenti e “scorciatoie” da chi la strada l’ha già intrapresa. Ci ha pensato 4ward, Gold partner Microsoft, che ha organizzato nei giorni scorsi nel cuore della Valpolicella (VR) un workshop. Ecco gli spunti che sono emersi.

L’imprimatur del legislatore

«Le due dimensioni di lavoro e vita privata si sovrappongono sempre più spesso – esordisce Arianna Visentini, CEO di Variazioni, società di consulenza mantovana da sempre impegnata a lavorare sui temi del work-life balance –, tanto che anche il legislatore si è accorto del fenomeno. Collegato alla Legge di Stabilità 2016, infatti, è arrivato anche il DDL Lavoro Agile, che intende regolare la pratica dello smart working e prevede incentivi fiscali per la sua adozione. Incentivi e sgravi sotto che forma ancora non si sa, quello che è lecito ipotizzare è una detassazione dello stipendio del dipendente che adotta questa pratica con vantaggi fiscali tangibili per l’impresa che lo supporta». La società ha collaborato con 4ward a un’iniziativa sperimentale condotta a partire dal marzo del 2015 nel territorio del Comune di Bergamo. Lo ha fatto offrendo formazione e consulenza alle società coinvolte nel progetto, che ha visto collaborare anche Microsoft in qualità di partner tecnologico.

Bergamo: un’alleanza per stimolare il lavoro flessibile

L’Alleanza Smart Companies raggruppa sei realtà – ABB, Banco Popolare, Comune di Bergamo, Italcementi, UBI Banca e

Arianna Visentini, CEO di Variazioni

Volvo Groupcoordinate dal Comune di Val Brembilla. Nel marzo 2015 le società dell’Alleanza hanno dato vita a un progetto pilota della durata di 6 mesi, che verteva sulla sperimentazione dello smart working nella città di Bergamo. L’obiettivo dichiarato era trovare una miglior conciliazione tra vita personale e professionale. Condotto inizialmente presso 4 imprese – ABB, Banco Popolare, UBI Banca e Volvo -, ha visto il coinvolgimento di 924 dipendenti (il 69% uomini e il 31% donne). 6.540 le giornate di lavoro agile effettuate nel semestre, che hanno permesso ai dipendenti di guadagnare singolarmente 113 ore per la propria vita privata e di risparmiare 50 euro al giorno in trasporti e altre varie (servizi di pre e post scuola, baby sitter, pasti consumati fuori casa…). «Il lavoro agile – tiene a precisare Visentini – è un classico esempio d’iniziativa win-win-win, perché assicura benefici al lavoratore stesso, all’azienda ma anche al territorio. Basti pensare che nei primi sei mesi di sperimentazione sono stati risparmiati 37.000 chilometri in termini di mancati spostamenti dei pendolari ogni giorno, ovvero in media quotidianamente 90 minuti per ciascun lavoratore, per un controvalore di 180.000 euro e un abbattimento di 65,4 tonnellate di CO2. Interessante notare come una quota di questo tempo sia stata reinvestita nel lavoro, a vantaggio delle aziende. Ma non va trascurato anche l’impatto sulla sanità pubblica, con una riduzione delle malattie stimabile in 45.000 euro, per non parlare di quello sulla qualità della vita, che non è possibile quantificare con precisione ma che è rilevante, perché i dipendenti più felici sono anche quelli più produttivi». Se poi, conti alla mano, si guarda alle indennità di trasferta e ai buoni pasto risparmiati, secondo le rilevazioni dell’Alleanza in 6 mesi ogni smart worker ha regalato alla sua azienda circa 230 euro.

L’ufficio si rimpicciolisce

Marco Colombini, Major Account Manager di Jabra

Secondo uno studio condotto presso diverse aziende e citato da Francesco Gallucci nel suo “Marketing emozionale e neuroscienze”, ci vogliono in media 15 minuti perché un lavoratore riesca a ritrovare il medesimo grado di concentrazione precedente un’interruzione. Va da sé che negli open space, dove i rumori di fondo e il viavai sono la regola, il rischio è di perdere 2/3 ore di produttività al giorno. Per ogni, singolo, lavoratore. «Secondo alcune recenti ricerche americane, nel 2020 avremo il 50% di spazio in meno negli uffici rispetto al 2010 – sostiene Marco Colombini, Major Account Manager di Jabra, realtà che produce cuffie e speaker per il telelavoro e le conference call –. In molti hanno abbandonato gli immensi open space occupati negli anni Ottanta in favore di sedi più prestigiose, collocate magari nei centri storici delle città ma decisamente più contenute nelle dimensioni».

E le grandi sale riunioni sono le prime a essere cancellate dalla planimetria dell’ufficio. Le conferenze telefoniche sono in aumento, ma sono soprattutto quelle via smartphone a moltiplicarsi. I motivi sono diversi: la necessità di contenere i costi, certo, ma anche questioni legate alla sicurezza personale, che spingono i manager delle società a muoversi con minor frequenza tra un Paese o un continente e l’altro. Lo spazio-ufficio attrezzato costa e costa caro. Sfruttarlo al massimo è diventato un mantra per molti responsabili finanziari che, in accordo con le HR, si attrezzano per trovare nuove forme di produttività individuale svincolate dalla presenza in ufficio a orari prestabiliti, come dimostra l’esempio di Barilla che, l’altro ieri, ha dichiarato di voler offrire a tutti i dipendenti la possibilità di lavorare da casa entro il 2020. La società ha intrapreso la strada dello smart working già nel 2013 e ha compiuto un grosso sforzo per riorganizzare gli uffici intorno alle attività di collaborazione e concentrazione individuale. I dipendenti del colosso del food possono lavorare in sedi diverse dal proprio ufficio o stabilimento per 4 giorni al mese, ma ora la sfida è di offrire modalità di lavoro agile per il 100% del tempo lavorativo. Il workshop è stato l’occasione per “dare voce” a chi lo smart working lo ha sperimentato anche in settori tradizionalmente più restii ad abbracciare questo tipo di cambiamenti, come il banking. Ecco le loro testimonianze.

Il lavoro S.M.A.R.T. di Banco Popolare

Barbara Marin è Responsabile dell’Ufficio Pari Opportunità e Work Life Balance del Gruppo Banco Popolare. Una struttura

Barbara Marin, Resp. Pari Opportunità e Work Life Balance Gruppo Banco Popolare

organizzativa nuova, spiega, nata nel gennaio 2015 e che all’interno del gruppo ha guidato l’iniziativa di sperimentazione del lavoro agile promossa da Alleanza Smart Companies. «Noi preferiamo chiamarlo S.M.A.R.T. più che agile, perché questo è anche l’acronimo di Specificic, Measurable, Attainable, Realistic e Time Based, ovvero i cardini del change management, una disciplina che ben si sposa con il lavoro flessibile. I nostri smart worker, 5 persone in totale, tutte con sede operativa nella città di Bergamo, hanno potuto lavorare 2 giorni alla settimana da una filiale a loro scelta oppure da casa. La sperimentazione è durata da febbraio a dicembre 2015. Da aprile 2016 verrà estesa anche alle città di Verona, Novara, Lodi e Milano. A tutti gli smart worker forniamo un kit per lavorare con la garanzia della massima produttività individuale e sicurezza e supportiamo il tutto con della formazione ad hoc. Un kit che comprende un personal computer, una chiavetta VPN e uno smartphone BlackBerry».

Il passaggio da una logica di valutazione per compiti a una per obiettivi ha permesso a Banco Popolare di misurare in concreto i benefici del lavoro smart. I dipendenti hanno lavorato all’esterno del proprio ufficio 304 giorni, di cui 53 da casa e 251 da una filiale per loro più vicina e l’azienda ha risparmiato per i soli 2 lavoratori che hanno l’indennità di pendolarismo ben 1.720 euro e buoni pasto per un valore complessivo di 280 euro. Sostanziale anche l’impatto sull’ambiente: 24.250 chilometri non percorsi in auto per recarsi in ufficio, con un risparmio di carburante che si aggira sui 2.600 euro e mancate emissioni di Co2 per 3,64 tonnellate.

L’obiettivo di UBI Banca? Lavorare fuori ufficio metà del tempo

Leonardo Orlando, Resp. Sviluppo Manageriale e Sistemi Retributivi UBI Banca

Anche UBI Banca ha aderito alla sperimentazione del lavoro “intelligente” nell’ambito dell’iniziativa promossa dall’Alleanza Smart Companies. Da marzo 2015 ha attivato la sperimentazione su 74 persone della direzione centrale di UBI e UBISS. Il pilota offriva la possibilità di operare per un massimo di 5 giornate al mese da uno dei 35 spazi di co-working appositamente attrezzati per lo scopo a Bergamo, Brescia e Milano. «Siamo partiti con un approccio che io definisco cauto – osserva Leonardo Orlando, Responsabile Sviluppo Manageriale e Sistemi Retributivi di UBI Banca –. Ora, però, si apre la seconda fase, quella del potenziamento del servizio, che vede coinvolte 250 persone e offre la possibilità di lavorare anche da casa, non più solo dagli spazi di co-working. Dopo l’estate si passerà alla sistematizzazione, che dovrebbe arrivare a coinvolgere circa 3mila persone, con la possibilità di lavorare fuori dall’ufficio fino a 10 giornate al mese».

Certo, il percorso non è stato lineare e, per ammissione stessa di Orlando, il middle management ha mostrato resistenze, in particolare in merito all’opportunità di lavorare per obiettivi. Tuttavia, lo scorso dicembre anche il Consiglio d’Amministrazione ha garantito il suo mandato per una sperimentazione su più larga scala, sulla scorta dei risultati ottenuti. Per il 98% dei responsabili, infatti, gli obiettivi assegnati sono stati comunque raggiunti dai lavoratori anche se non sempre presenti in ufficio e un 13% ha osservato un miglioramento della produttività degli individui coinvolti nel progetto. Nel 71% dei casi, i singoli hanno risparmiato 2 ore al giorno in mancati trasferimenti casa-lavoro e in totale il beneficio per la collettività è stimabile in un mancate emissioni di CO2 per 12,5 tonnellate. «Questi progetti non impattato solo sulle risorse umane – sottolinea il manager –. Prevedono, infatti, una revisione completa dei modelli organizzativi, della tecnologia e del patrimonio immobiliare. Occorre, però, su tutto un contratto di fiducia tra lavoratore e azienda. Quello che mi preme sottolineare qui oggi è che il ruolo dell’Alleanza è stato fondamentale per noi, soprattutto quando si è trattato di operare la formazione sui soft skill utile a sviluppare quelle competenze e quell’attenzione alla privacy e alla protezione dei dati che è un tema centrale per chi lavora da remoto».

Smart working sì… ma come?

Come si fa, in concreto, lo smart working? Un’idea di base 4ward e i suoi partner per quest’area, ovvero Variazioni e Jabra, ce l’hanno. Hanno, infatti, sviluppato un framework, battezzato Agile Bundle, che permette alle aziende di coprire con un’offerta omnicomprensiva l’impatto del fenomeno su 4 macro aree: Culturale, si concentra sullo sviluppo dei soft skill; Organizzativa, identifica i processi coinvolti; Normativa, fa riferimento ai risvolti legali, ed Economica, si focalizza su tempi, costi e ritorno sugli investimenti sostenuti per implementare il lavoro agile. Basato su Office365, Agile Bundle può essere utilizzato in modalità “a servizio” a fronte del pagamento di un canone mensile, abbattendo di fatto gli investimenti infrastrutturali a sostegno della nuova produttività individuale “mobile”.

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