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«E’ vero cloud solo quando non c’è complicazione, per il cliente e per il partner», la sfida di Oracle

In occasione dell’Oracle Partner Day 2015, l’azienda rompe gli indugi sulle strategie per invogliare il passaggio alla nuova architettura, puntando sulla flessibilità della propria offerta e le possibilità di integrazione ed estensione per i partner

Pubblicato il 12 Feb 2015

Redazione TechCompany360

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Sauro Romani, Alliances and Channels Country Leader, Oracle Italia

Più l’offerta di un’azienda è ampia e articolata, meno è facile mettere a punto priorità e strategie. Più ancora del management, il messaggio deve essere recepito da chi opera in prima linea a stretto contatto con il cliente. Si rivelano quindi cruciali in questo senso le chiamate a raccolta del canale, dove abbinare al proverbiale confronto anche la divulgazione delle linee guida per i mesi successivi. Questo l’obiettivo primario dell’Oracle Parnter Day 2015, capace di richiamare a Milano oltre 400 operatori. “Il core business dei nostri partner deve essere tutto quanto è in grado di dare più valore alla semplice vendita – esordisce Sauro Romani, alliances & channel director di Oracle -. Vogliamo premiare la competenza, puntare maggiormente sui prodotti strategici e assecondare i nuovi modelli di business dettati da big data, analytics, mobility e social. Il tutto, inserito in ottica cloud, dove stiamo lavorando su nuovi modelli contrattuali”.

Un’affermazione in apparente ritardo sui tempi, per un’azienda storicamente votata all’innovazione, alla quale dedica ogni anno l’11% del fatturato, risultato invece di una strategia precisa, una scommessa fondamentale quando si parla della nuova architettura. “Non siamo tra i primi, perchè l’obiettivo era fare in modo che tutto ciò è attualmente disponibile in modalità on premise fosse trasferibile sul cloud pubblico in modo invariato – precisa Romani -. Il nostro obiettivo è permettere ai clienti di spostare applicazioni senza alcuna complicazione, senza prevedere sviluppi dedicati, dove il partner può integrare servizi propri o aggiungerne di nuovi escludendo interventi sull’applicativo originale”.

La visione del cloud computing come estrema semplificazione è in fondo la natura stessa dell’architettura emergente. Un aspetto forse relegato troppo spesso in secondo piano. “Stiamo vivendo un momento di disruption e se non riusciamo a essere presenti nelle aziende ne pagheremo le conseguenze – avvisa Fabio Spolentini, country leader e VP for technology BU di Oracle -. L’aspetto più importante per noi è la strategia. Quando andiamo da un cliente, abbiamo imparato a sottolineare questo aspetto come elemento distintivo e anche i nostri partner devono essere in grado di fare altrettanto”.

Una strategia, nelle intenzioni dell’azienda, capace di garantire una integrazione verticale ai massimi livelli dei propri prodotti. “Offrire direttamente hardware, sistemi operativi, middleware e storage, ci permette di creare piattaforme uniche. Solo in Italia, possiamo vantare 180 sistemi ingegnerizzati da noi – rilancia Spolentini -. Dove solo pochi anni fa si parlava tanto di opensource e riduzione dei costi, oggi la digital disruption ha riportato l’attenzione sulla qualità dei prodotti e la competenza delle persone”.

Qualità, significa soprattutto praticità d’uso e affidabilità. Fattori analizzati nel contesto di quattro elementi principali, con un solo fattor comune. “Mobile, social, analytics e big data sono priorità ormai note – prosegue Spolentini -. Possiamo, per esempio, sfruttare il cloud per gestire ogni device e diminuire quindi la complessità, ma anche per contare su piattaforme di information management in grado di gestire petabyte di dati, dove non è pensabile tenere tutto in-memory”.

Il ritardo solo apparente nell’affrontare a viso aperto il cloud computing è frutto anche di tre anni dedicati prima di tutto a capire come tradurre in opportunità concrete per i propri clienti, quella che troppo spesso passava quasi per una moda. Ora però, è il momento di agire. “Chi oggi resta fermo rischia di essere travolto – rilancia Luigi Scappin, technology sales consulting director, di Oracle -. Bisogna rischiare, anche rischiare di fallire se necessario, ma bisogna farlo in fretta finchè c’è ancora il tempo di cambiare”.

Attraverso il canale, il messaggio deve arrivare al cliente e i partner potranno contare su tre strumenti dedicati. “Partiamo da un cloud ibrido, dove iniziare da subito a provare ed essere pronti in qualsiasi momento a passare dalla fase beta alla produzione – spiega Scappin -. Poi, una piattaforma digitale completa, grazie alla quale  superare la necessità di effettuare scelte a ogni passaggio. Infine, la possibilità di gestire tutti i dati, a prescindere da dove si trovino. Non parlo solo dei big data, ma anche di quelli relazionali, in memory o altri ancora. Noi li integriamo senza spostarli”.

Ora che la partita è ufficialmente iniziata, la strategia di gioco prevede quindi un attacco a tutto campo. “Partendo dalle nostre soluzioni cloud, oggi un partner può costruire applicazioni prima di tutto nel nostro ambiente, oltre ad aggiungere moduli specifici per mobile, analytics e social – conclude Romani -. Mettiamo a disposizione le interfacce e i web services utili a integrare  applicazioni proprie o estendere quelle Oracle. Chiediamo in pratica di muoversi più in alto nel campo dei servizi, per arrivare attraverso il cloud a dare più valore a una soluzione e ridurre il  time to market”.

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